Continuiamo a conoscere di più i nostri artisti e le nostre artiste per scoprire il loro punto di vista sulla propria produzione artista, sul concetto più ampio di creatività e di come questi aspetti condizionino il loro sguardo sul mondo.
Oggi le 5 domande le abbiamo poste a Paolo Casazza.
Vi sono tanti modi di approcciarsi alla produzione artistica: arti performative, medium tradizionali e digitali, esecuzione diretta o differita. Tu che medium usi e perché?
Credo fermamente nella pittura poiché non esiste nulla di così vitale, misterioso e affascinante, da costringere in uno spazio tanto limitato (la tela) l'affaccio spalancato all'infinito, meravigliarmene è il privilegio che conservo ogni volta che inizio un'opera, non potrei farne a meno.
Nell’arte visiva, specialmente pittorica, si sente spesso parlare di “gesto”, riferendosi all’azione fisica del pittore o della pittrice che interviene sul proprio supporto. Secondo te come possiamo descrivere, raccontare il momento in cui tutta la tensione del pensiero, dell’idea, diventa segno e quindi “gesto”?
Il gesto pittorico è la perturbazione che possiede l'energia di un dialogo folle, quello tra la tela, l'autore, e la presenza manifesta del pittore nella costruzione dell'immagine rappresentata.
Forse oggi la fisicità del fare pittorico, in un mondo che si suppone capace di sopravvivere smaterializzandosi nell'incorporeità dei nuovi medium, rende il gesto del dipingere una vera azione rivoluzionaria.
Leggendo le biografie degli artisti possiamo vedere come spesso si racconta di un amore per l’espressione artistica che parte “fin da bambini”. Anche per te è stato così? E secondo te è un qualcosa che tutti e bambini e le bambine hanno e poi evolve in base alle situazioni ambientale, o è una prerogativa di chi svilupperà poi una sensibilità artistica effettiva?
Dunque, io in mezzo a quella che si può definire "espressione artistica" ci sono cresciuto, mio padre è stato disegnatore di professione per l'intera vita lavorativa e nello studio sotto casa, in mezzo a pennelli, inchiostri e tavoli luminosi, ci ho passato tutta l'infanzia. Tanto che l'ho subito, come sempre avviene per prolungata esposizione ad una tipologia di mondo, avrei potuto odiare quell'universo sviluppando un'irreversibile idiosincrasia o innamorarmene perdutamente: dunque nella logica dello sviluppo intellettuale è, ovviamente, fondamentale ciò con cui si viene precocemente a contatto per definire il tipo di sensibilità che svilupperà la nostra personalità.
Più in generale si tratta di una commistione di molteplici fattori, di incontri. L'intelligenza artistica e la sensibilità che ne deriva nascono spesso da una stortura, dalla certezza di una solitudine, se si vuole portarla a ispirazione ai fini creativi va accolta, contemplarla non basta, tentare di sopprimerla anche peggio, liberarla, questo sì, lasciarla deflagrare sulla scia di un impulso. Tutto ciò tende a manifestarsi presto, molto presto, coincide con il giorno in cui ci si scopre capaci di riconoscere la bellezza.
In quali artisti o artiste, del passato o contemporanei, ti ritrovi?
Elenco lunghissimo. Va detto che un artista veicola le proprie evocazioni non solo attraverso autori che si occupano di arti visive, ma mediante altre branche della cultura: la musica, la filosofia, la psicologia e, indubbiamente, la letteratura (spesso nella meraviglia della poesia ho trovato grande ispirazione, talvolta più che nella storia dell'arte stessa).
Ad ogni modo, dovessi fare il nome di un artista che mi ha stupito, il primo che mi sovviene è Christian Boltanski, purtroppo appena scomparso, ho amato moltissimo il suo lavoro!
Mondo interiore e mondo esteriore. Di quale dei due le tue opere parlano maggiormente?
Penso che ogni espressione scaturisca dal manifestarsi di una sensazione, la produzione artistica ha sempre a che fare con un paesaggio interiore di occupazione anche quando ispira la sua realizzazione dal mondo esteriore.
Rappresentiamo sempre noi stessi, è inevitabile, soprattutto quando abbiamo l'impressione di non farlo. Fare arte significa accettare, e condividere, la permanenza dell'intimità all'interno del proprio lavoro, non conta nient'altro.